mercoledì 23 ottobre 2013

8. Polpette della rapinatrice (Robber's Meat Balls)


Ingredienti per 1 persona:

- ca. 400 g di carne macinata (di manzo o di maiale, a scelta)
- 100 g di mortadella tagliata in una sola fetta
- 200 cl di latte
- 2 uova fresche
- tozzi vari di pane duro
- 1 ciuffo di prezzemolo
- pangrattato q.b.
- un bicchierino di tequila
- noce moscata in polvere
- sale
- olio per friggere

Si chiama così, questa ricettina, perché me la ha insegnata una carissima amica (praticamente una sorella) che si è fatta svariati anni di galera per un'altrettanto svariata serie di rapine in banca. Garantisco che si tratta delle polpette più buone al mondo: anche perché, se non lo dico, c'è il caso che la suddetta mi spari. E lo sa fare.

In una bacinella versate il latte freddo, poi metteteci a inzupparsi il pane duro. Se ha ancora la crosta, verificherete poi se si è inzuppata bene e è diventata morbida; sennò, levatela e buttatela via.

In un altra bacinella mettete la carne macinata; prendete la mortadella, fatela a pezzetti e poi tritatela con la mezzaluna. Quando lo avrete fatto (evitando, come il sottoscritto, di piluccare pezzetti di mortadella e mangiarseli; guardate che poi non ne rimane!), mettetela assieme alla carne macinata. Sbattete le due uova, salate e versate il tutto nel trito; indi di poi lavoratelo con le mani per un paio di minuti finché non si sarà amalgamato bene.

A questo punto vi sarete introiati come un porcile, ma siamo solo all'inizio. Spostate le vostre linde manine nella bacinella col pane inzuppato nel latte, controllate che non vi siano croste dure e lavorate pure questa roba qua, finché non sarà diventata una pappina molliccia, e non si vedrà più manco una goccia di latte sul fondo. Mettete la pappina nel trito di carne e uova, aggiungete ancora un po' di sale, il prezzemolo che avrete in precedenza tritato, tre cucchiaini di noce moscata e il bicchierino di tequila; poi ricominciate implacabilmente a lavorare il composto con le mani finché non sarete talmente zozzi da fare schifo anche a vs. madre.

In una capiente padellona antiaderente, buona all'occorrenza anche come micydiale arma contundente da applicare ripetutamente sul capo dell'agente Eqvitalia che vi bussa all'uscio con una cartella esattoriale, preparate l'olio per friggere; qui va bene anche quello di semi (mais o girasole), perché per friggere bene ci vuole un litro intero d'olio. Qui non ci sono cazzi, figliuoli e figliuole: se volete risparmiare olio, non friggerete mai una sega che vi porti.

Disponete il pangrattato, col quale naturalmente assumerete un aspetto che farebbe scappare anche Béla Lugosi, e cominciate a formare le polpette col composto: delle palle di media grandezza, né troppo piccole, né troppo grosse. Passatele sul pangrattato e disponetele via via in un vassojo o in qualcosa che le contenga. Una volta completata tale pallosissima operazione (non per niente si formano delle palle!), fate scaldare bene l'olio e cominciate a friggere le polpette (le quali dovranno essere sommerse: quindi non stipate la padella, e fate delle mandate di frittura). 

Una frittura ammodino delle polpette della rapinatrice dura circa 3/4 minuti, se le dimensioni indicate per ogni palla sono state rispettate.  Si accompagnano bene con un prezioso vino rosso del discount, tipo i soliti Nero d'Avola o Primitivo di Manduria (che, in casi del tutto eccezionali, possono anche essere prodotti a Avola e a Manduria), ma va bene anche la birra e non è certo da disdegnare una caraffa d'acqua del rubinetto bella fresca.

domenica 20 ottobre 2013

7. Croste di parmigiano fritte nell'olio


Ingredienti per 1 persona:

- Croste di parmigiano a volontà
- Olio di oliva
- Padella antiaderente

Con le croste di parmigiano fritte nell'olio siamo alla mia mitologia personale. Qui non si tratta di una "ricetta", ma all'essenza stessa della mia vita: è la cosa da mangiare per la quale io vado più matto, e a livelli inimmaginabili. Fin da bambino le contendevo in casa, e guai sia pure a paventare di grattugiare le croste rimaste: dovevano essere messe da parte e fritte. Arrivavo a leticate furibonde coi miei, e non c'era nulla da fare: non serviva il "puzzo che facevano in cucina", non serviva il fatto che "facessero male" (boh) e quant'altro. Al giorno d'oggi, certi supermercati hanno preso la benemerita abitudine di metterle addirittura in vendita a sacchettate, ancora belle "caciose" (come devono essere); ad esempio la Coop di via Salvi Cristiani, a Firenze. La ricetta è invero semplicissima, anche se ha bisogno di qualche accorgimento o suggerimento da parte di un esperto; vi do quindi il benvenuto nel club delle Croste Fritte. Sappiate che non ve ne pentirete, cari i miei Asociali; e ricordate il principio fondamentale. Una volta pronte, le croste fritte non si dividono con nessuno. Gli stessi che, mentre le preparavate, "bubavano" in continuazione, saranno i primi a "chiedervene un pezzetto". Col cazzo! Per questo motivo, le croste fritte sono, "par excellence", il piatto Asociale per antonomasia. Fatevele da soli, sempre, e non "condividetele" con altri esseri umani.

Le croste, nella versione più "urbana", anderèbbero un po' ripulite in superficie, grattandole con un coltello seghettato; nella versione "brutale", quella che ovviamente preferisco, invece non si grattano affatto. Si mangiano luride così come sono, maneggiate, mantrugiolate. Tranquilli che non morite; sono cinquant'anni che le mangio così, e non fate tanto gli schifiltosi.
In una padella antiaderente mettete abbondante olio di oliva. Che non vi passi per la càpa di usare oliacci di semi. Una volta che l'olio sarà bello caldo, sistemate le croste nella padella, prima dal lato "formaggio"; ma vanno rigirate dopo poco, perché sennò il formaggio si scioglie. Quando le avrete messe sul lato "crosta dura", fatele andare un po' di più in modo che si ammorbidisca. Tiratele fuori quando la crosta avrà sbollato e avrà assunto la consistenza bruciacchiata che è la vera delizia assoluta di questa cosa. Ricordate: vanno mangiate immediatamente e senza indugio, sennò si induriscono di nuovo in poco tempo e vi tocca rifriggerle. Per questo motivo, a volte, se sono un bel po' io le friggo a "mandate" di due.

Ci si beve sopra un vinaccio rosso, quello che ci avete in casa. Non ci bevete mai sopra acqua, perché, come nel caso della fonduta svizzera, fa "pancone" nello stomaco e digerirete con dolore biblico.

venerdì 18 ottobre 2013

6. Pollo alla birra "CPA style"


Ingredienti per 1 persona:

- 1 pollo intero
- Salvia molto abbondante
- ca. 1 litro e mezzo di birra rigorosamente alcolica
- Olio di oliva abbondante
- Sale

Gli era, a dire il vero, un bel po' di tempo che non ci si vedeva quaggiù sulle "Ricette Asociali"; ma essendo, appunto, asociali esse si riservano il sacrosanto diritto di pubblicarsi quando par loro e piace. Come state? Tutto bene? Avete intanto preparato le ricettine che vi ho fornito? Ne avete riportato i debiti danni gastrici? Ok, rieccomi dunque, e stavolta con una ricetta che, invero, non è mia anche se proviene da un luogo che frequento regolarmente: il CPA Firenze Sud. Ovviamente, pur essendo comunque abbondati, non ho riportato le dosi in uso al centro sociale autogestito, dove si mettono regolarmente a tavola decine di persone; qui, come si sa, vige il principio dell'asocialità monodose. Con questa ricetta, peraltro, inizierà una "categoria" dove verranno riportati i capisaldi culinari in uso in via di Villamagna. 

Prendete il pollo intero e trattatelo malissimo, perche va letteralmente fatto a pezzi. Al CPA ci si serve del coltellone a mannaja, tirandogli sul tagliere de' colpi terrificanti; se non lo avete, trovate il coltello più grosso che ci avete e fate conto di averci sul tagliere, che so io, Giovanardi. I pezzi di pollo devono essere di media grandezza; né troppo grossi, né troppo piccoli. Se sono troppo piccoli, si sfanno durante la cottura (che è lunga); se sono troppo grossi, tanto varrebbe mettere a cuocere il pollo intero e no che non si fa così, perbacco.

Una volta giustiziato il pollo (se volete, al posto di Giovanardi potete metterci Emanuele Filiberto di Savoja o chiunque vi pare), prendete un tegame piuttosto grosso. Qui c'è la questione dell'olio; se avete un tegame antiaderente dev'essere abbondante, ma non esagerato. Se invece non lo avete antiaderente, dovete metterci una quantità esagerata d'olio d'oliva, perché sennò il pollo attacca che è un bigiù e va a finire che ci tirate dei mòccoli a quel cristodiddìo da farlo scendere dalla croce. In ogni caso, se avete intenzione di risparmiare olio questa non è la ricetta per voi e fatevi un Quattro Salti in Padella e magari anche in Cvlo.

Nel frattempo avrete pulito tanta, tanta salvia. Anche per la salvia vale la regola dell'estrema abbondanza: ce ne vuole davvero parecchia. Una volta scaldato quel mare d'olio che galleggia nel tegame, infilateci il pollo giovanardato alla mannaja, il quale deve rosolare tutto e ammodino. Non ci devono, insomma, essere pezzi non rosolati. Giratelo quindi abbastanza spesso e, per ora, salatelo poco.

Quando sarà rosolato, è l'ora di metterci la (tanta) salvia; fate amargamàlla e risalate il tutto girando per un paio di minuti. Poi pigliate la birra, tenendo presente che non importa che sia superbirra artigianale prodotta in edyzione lymitata e myllesimata, e nemmeno birra trappista belga: va bene anche la birraccia da muratori, anzi benissimo, ma basta che sia alcolica. Non fate come il sottoscritto, che qualche giorno fa ha comprato per sbaglio un troiaio di birra analcolica, che non sa veramente di una sega e che non insaporisce il pollo. Buttatela nel tegame senza pietà, ché è anche bellina perché fa tutta la schiuma che sfrigola: il pollo e la salvia devono essere ricoperti completamente. Se un litro e mezzo non basta, ce ne mettete ancora. Non si scampa.

A questo punto, accendetevi la pipa e aspettate, perché dovrete abbassare un po' la fiamma e aspettare che la birra evapori quasi tutta. Naturalmente girate quando bisogna, e casomai aggiustate di sale. Il fuoco dev'essere spento quando è rimasto nel tegame un fondo condensato di birra sufficiente a fare da "salsina"; il resto sarà stato assorbito dal pollo assieme all'aroma salviàtico. A questo punto il tutto è pronto e servitevi in tavola, senza un cazzo di nessuno e godendovi su RAI Storia una bella puntata di "90° Minuto" del 1978 con Tonino Carino, Luigi Necco, Giorgio Bubba e Ferruccio Gard.

So che vi sembrerà del tutto incredibile, ma il pollo alla birra si accompagna con la birra. Magari un po' piu' buona; al discount, ad esempio, si vendono delle birre polacche in lattina veramente ottime se si ha soltanto l'accortezza di non provare a pronunciarne il nome.